Il SAP contro Sofri: inaccettabile il suo incarico come “consulente per la riforma delle carceri” (lancio agenzia ANSA)

Carceri: Sap, incarico a Sofri inopportuno
In Italia si rivalutano assassini e si dimenticano vittime

(ANSA) – ROMA, 23 GIU – “Il nostro paese ha la formidabile

capacità di rivalutare delinquenti, mascalzoni, ex terroristi e

assassini. E ha un’altrettanta capacità di svilire la memoria

delle vittime e abbandonare i loro familiari. Il ruolo assegnato

ad Adriano Sofri dal ministro della giustizia, Andrea Orlando,

come consulente per la riforma delle carceri, è inaccettabile”.

Lo afferma Gianni Tonelli, segretario generale del sindacato di

polizia Sap, secondo cui la scelta di Sofri “segue un filo

logico alla stessa stregua degli incarichi agli ex terroristi ed

ex estremisti Azzolini e Pizzo conferiti dal sindaco Pisapia a

Milano o la nomina a docente universitario dell’ex devastatore

di città Francesco Caruso”.

“Questi personaggi purtroppo – dice Tonelli – riempiono gli

ambienti della pseudo cultura autoreferenziale italiana,

migliaia di persone che hanno posti d’oro nel circuito politico,

incarichi istituzionali o pubblici di prestigio, che tengono

conferenze per pontificare su non si sa quali protocolli morali

ed etici. Le vittime invece sono spesso dimenticate e i loro

figli, anche grazie alla battaglie condotte del Sap, se va bene

ottengono un posto nella pubblica amministrazione, dovendo dire

addirittura grazie”.

“Cosa pensano gli italiani di questo – conclude il segretario

generale del Sap – lo hanno già detto nel 2006 quando

commissionammo ad una società specializzata un sondaggio

dedicato: il 97 per cento dei cittadini non vuole che gli ex

terroristi siedano nelle nostre istituzioni o abbiano pubblici

incarichi. Fino a quando la classe politica nostrana si sentirà

svincolata dal comune sentire, avendo come unico modus operandi

quello dell’autoincensamento e dell’autoreferenzialità? Poi è

facile comprendere perché gli italiani si sentono lontani dai

palazzi del potere e perché una buona metà non va più a votare”.

(ANSA)