Questa settimana si è svolta l’udienza preliminare davanti al GUP di Roma del processo a carico di un giovane italiano, di origini romane, che, dopo essere stato fermato da una volante del commissariato Romanina per un semplice controllo, non solo ha opposto resistenza ma, reiteratamente, ha gravemente diffamato gli operatori intervenuti sia attraverso mezzo stampa, sia tramite il proprio profilo Facebook.
Il giovane – che è stato rinviato a giudizio per i reati di resistenza a PU e diffamazione pluriaggravata – ha accusato, falsamente, gli operatori di aver eseguito il controllo esclusivamente per motivi razziali, abusando del loro potere, deridendolo e aggredendolo.
Al fianco dei due operatori – assistiti dagli Avvocati Rachele De Stefanis e Stefano Parretta – anche il SAP aveva presentato querela a tutela e sostegno non solo dei due agenti di P.S. ma anche dell’onore e della professionalità di tutti gli operatori della Polizia di Stato che, a seguito dei fatti per cui è processo, sono stati insultati e appellati con termini come torturatori, corrotti violenti, schifosi, fascisti, pazzi esaltati.
Proprio per questi insulti diffamatori, il SAP – costituitosi parte civile con il proprio legale, Avv. Rachele De Stefanis – ha formulato precisa istanza di integrazione del capo di imputazione trovando il favore della Pubblica Accusa che, in sede di udienza, ha proceduto a formulare la nuova contestazione a carico dell’imputato presente in aula.
L’intervento fu totalmente registrato dalle telecamere di sorveglianza di un distributore di carburante e questo ha consentito che sull’episodio venisse fatta immediatamente chiarezza, diversamente le denunce del soggetto avrebbero comportato lunghe e infamanti verifiche. Questo è uno di quei episodi che rafforzano il nostro convincimento della necessità di avere le bodycam sulle divise e le telecamere sulle auto di servizio.
L’inizio del dibattimento è previsto per il prossimo mese di marzo davanti al Tribunale di Roma.
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